Sabrina Molinaro è senior researcher al Cnr di Pisa, presso l’Istituto di fisiologia clinica.
Conduce periodicamente diverse rilevazioni statistiche sulle dipendenze, compreso il gioco d’azzardo. Per l’Italia, coordina l’indagine Espad (European school survey on alcohol and other drugs), che rileva i comportamenti degli studenti tra 15 e 19 anni di tutt’Europa.
Il gioco andrebbe vietato del tutto?
Io lavoro solo sui dati e non posso esprimere un’opinione personale. Posso solo dire che dove è stata ridotta l’offerta di gioco si è ridotta anche la prevalenza di quelli che soffrono di gioco problematico.
Ci sono giochi più pericolosi di altri? Quali?
La letteratura scientifica ci dice che alcuni giochi, per come sono pensati, sembrano essere correlati più di altri al gioco problematico. I dati ci dicono che chi ha un dga (disturbo da gioco d’azzardo) gioca più frequentemente a awp e vlt. E fa più frequentemente scommesse di ogni genere. Di base invece i gratta&vinci vengono giocati un po’ da tutti. Un altro fattore che ha molto peso nello sviluppare dipendenza da gioco è l’abitudine a giocare frequentemente a più giochi.
Chi ha un dga fa in genere infatti più di quattro giochi.
Chi dovrebbe stabilire le regole sulle attività di gioco d’azzardo?
C’è un’autorità competente. Ma per definire le regole deve per prima cosa andare a vedere quali sono le evidenze e studiare le esperienze già messe in atto.
Ma enti e ministeri interessati sono tanti. Dovrebbero fare un tavolo di concertazione che coinvolga tutti e tenere conto dei vari contributi.
Come si fa già in altri campi.
Qual è il metodo più efficace per prevenire la ludopatia?
Per prima cosa, smetterei di parlare di “ludopatia”. Si chiama “disturbo da gioco d’azzardo”. Diamogli una dignità e teniamo presente che anche usare le giuste definisioni aiuta a sviluppare conoscenza.
Questo è utile come prevenzione perché non si parla di qualcosa di astratto, che fa venire in mente scenari obsoleti, ma di un disturbo legato a una dipendenza: il gioco d’azzardo. Che può creare o anche non crearne.
A differenza delle altre dipendenze, quella del gioco ha un impatto economico più forte sul giocatore. Un alcoolista, per esempio, vede le sue finanze esaurirsi lentamente, mentre con il gioco una vecchietta può giocarsi tutta la pensione in una settimana.
Per fare una prevenzione efficace, è importante che questo mondo venga spiegato in maniera chiara e non dogmatica. Bisogna basarsi sulle evidenze.
La narrazione, invece, spesso è suggestiva, si basa sui casi eccessivi. Nei quali non si riconosce nessuno.
Insomma, non è la “Cristiana F.” del gioco d’azzardo!
Qual è il metodo più efficace per curare la ludopatia?
Bisogna fare sicuramente un lavoro sistemico: non basta lo psicologo che agisce sulla persona o il farmaco. Né ci sono bacchette magiche.
Bisogna lavorare su tutto il sistema che agisce intorno al giocatore.
E dare al giocatore anche delle alternative possibili. Perché nel momento in cui è in mano agli strozzini perché ha depauperato il capitale, bisogna anche dargli gli strumenti per poter venire fuori da questo crack finanziario in cui si è infilato. Perché se no il giocatore rischia di finire in un altro problema, una volta magari risolto il problema con il gioco d’azzardo.
C’è qualcosa che l’Italia dovrebbe copiare dall’estero?
Spezzo una lancia in favore dell’Italia: abbiamo una buona sensibilità. In alcuni Paesi all’estero si nega ancora l’esistenza del problema.
Noi siamo nella fascia medio-alta anche come investimenti sul settore.
Magari in Germania le regole sono più restrittive per alcune cose. In Austria c’è molta coscienza, soprattutto per il poker online. Mi pare che dovrebbero prendere un po’ più sul serio i Gratta&Vinci.
Direi che noi in Italia stiamo affrontando il tema in maniera complessa ed efficace.
Quali sono i rischi maggiori del gioco d’azzardo?
Non saprei se i rischi maggiori sono sulla persona, sulla comunità, o forse sui servizi che non hanno le risorse per affrontare la problematica.
Ci sono troppi interessi in gioco.
Io partirei dalla persona, essendo un comportamento che rischia di sviluppare una dipendenza, ma poi rischia di rovinare famiglie e comunità.
Osservando il fenomeno con un’ottica ampia, va detto che il sistema può essere penetrato dalla malavita, soprattutto per il riciclaggio. E questo è un altro piano.
Ma sono due livelli entrambi importanti.